Ascoltare la Natura è ascoltare sé stessi

di Giuseppe Tranchese

Se solo provassimo per qualche attimo a fermarci, in silenzio, ad ascoltare la Natura, dal suono delle cicale al fruscio del vento, dall’agitarsi delle onde del mare al vibrato delle cellule del nostro corpo stimolate da un’emozione, potremmo provare a percepire come la vita, che ci attornia e ci permea nel suo continuo movimento, sia intrisa di vibrazioni sonore: un linguaggio musicale che possiede un suo ritmo, una sua melodia, una sua chiave di lettura che determina l’autenticità ed unicità di ogni forma vivente, nonché il suo stato di salute e di malattia. Non a caso, in tutte le culture del mondo, alle più svariate latitudini ed in tutte le epoche storiche ripercorse dagli studi zooantropologici, la musica, più di ogni altra forma di arte, ha sempre affascinato ed accompagnato l’uomo, quasi a cercare in essa quel sottile filo guida che lo correlasse al creato. Nella musica il principio di comunicazione è quello fisico della risonanza, come ci ha ricordato il grande fisico teorico partenopeo Emilio Del Giudice: qualsiasi corpo che si muove produce un suono che può essere più o meno udibile in base al numero di oscillazioni al secondo che vengono prodotte (Hertz); se è presente un altro corpo in grado di muoversi con la stessa frequenza di oscillazione, esso viene messo spontaneamente in movimento e crea lo stesso suono; si dice che “risuona” con il primo. Così accade negli strumenti musicali: se in una stanza emettiamo un suono a una determinata frequenza, ogni oggetto presente in grado di risuonare a quella frequenza o ai suoi multipli armonici, suona senza essere toccato. Ciò si verifica anche in biologia. Il suono è in noi, in ogni vivente. Ci costituisce, ci costruisce e ci attraversa costantemente, trasportando informazioni dentro e fuori, attraverso quel magnifico, ma spesso bistrattato, elemento Acqua nel quale i suoni viaggiano a grande velocità. Lo sta dimostrando, tra gli altri, per ora in vitro, il professor Carlo Ventura dell’Università di Bologna. Egli ha notato in laboratorio come le cellule comunichino tra loro grazie alle vibrazioni di luce e di suono. Ogni cellula, infatti, produce vibrazioni meccaniche reagendo a suoni, oscillazioni dei campi magnetici, luce, ovvero energia fisica che può essere potenzialmente usata per far acquisire, a cellule staminali adulte, caratteristiche simil embrionali, cosa che le renderebbe in grado di orientarsi verso destini complessi quali quello cardiaco, neuronale, muscolare, scheletrico. Ciò potrebbe avere delle implicazioni anche in ambito medico in quanto, se ogni parte del nostro corpo (ma anche di quello animale e vegetale) ha una propria frequenza di risonanza che corrisponde allo stato di salute, desintonizzarsi da tale frequenza produrrebbe uno stato di malattia, e viceversa.
Il principio di risonanza avrebbe, concretamente, risvolti positivi nel sociale, dove siamo chiamati ad aggregarci il più possibile e a definire sempre meglio il tipo di collaborazione ed integrazione che permetta di esprimere, nella pratica, il concetto di unità nella natura e determinare quel salto coscienziale che i fisici indicano come una “transizione di fase”.
Vorrei concludere con le parole iniziali del Prologo del Vangelo secondo Giovanni la cui traduzione classica tramandata è: “In principio era il Verbo”, ma se si risale al testo originale greco: “En archè èn o lògos ( Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος )…”, con il termine Logos si soleva indicare il Suono, la Vibrazione, ad ulteriore conferma di quanto il Suono sia stato considerato sempre a fondamento del Tutto.

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